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Il nome dell”Associazione “Lesra e Rubin” prende ispirazione dai due protagonisti del libro The Sixteenth Round di Rubin Carter, un’autobiografia scritta durante la sua detenzione e pubblicata nel 1974.

Il 17 Giugno 1966 in un bar della cittadina due uomini armati uccidono due uomini e una donna. Vengono fermati Rubin Carter ed un suo giovane fan che lo stava riaccompagnando a casa. Rubin Carter pugile all’apice della sua carriera viene accusato ingiustamente di questi tre omicidi. Giuria e giudice bianchi gli danno da scontare tre ergastoli sulla base di prove e testimonianze, si scoprirà poi,false.

Rubin decide di non mollare, decide che mai la darà vinta all’ ingiusto sitema giudiziario

Rubin passa i suoi primi novanta giorni di prigione in isolamento rischiando la follia.
Uscito dall’isolamento, grazie ad un compromesso raggiunto col capo delle guardie del suo braccio, Rubin trascorre il suo tempo facendo molta attività fisica, mangiando poco, ma soprattutto leggendo tanto e scrivendo, scrivendo il suo libro e raccontare la sua storia.

Intanto Lesra Martin, un giovane di colore americano, semianalfabeta, figlio di una famiglia povera con un padre alcolizzato e diversi fratelli appassionato per gli studi, ma la cui famiglia non ha i mezzi per finanziarglieli, viene “adottato” da due ragazzi (Sam e Terry) e una ragazza (Lisa) canadesi, che lo aiutano a terminare gli studi per poter iscriversi al College.
Lesra ha difficoltà con la lettura e la scrittura e i tre pensano bene di avvicinarlo al mondo del testo scritto facendogli scegliere personalmente un libro da leggere.

Lesra si ritrova praticamente tra le mani il libro di Rubin.

E’ amore a prima vista: Lesra si appassiona alla storia di Rubin, quell’uomo rappresenta per lui un ideale, qualcosa per cui vale la pena combattere.
Decide di scrivergli in carcere e nasce una fitta corrispondenza tra i due, poi decide di incontrarlo. Lesra riesce a coinvolgere nella storia i suoi tre tutori che, per impegnarsi fino in fondo in questa battaglia, arrivano a lasciare il Canada e trasferirsi nel New Jersey “perchè non ce ne andremo da qui fin quando non ti avremo tirato fuori”.

Sam, Terry e Lisa impegnano anima e corpo nella ricostruzione dei fatti ripercorrendo tutte le tappe di quasi venti anni di processi; incontrano resistenze, assenze, negazioni, persino minacce di vita, ma alla fine riescono a provare che era tutta una montatura.
Non resta che una cosa da fare: ricorrere alla Corte Federale. Ma c’è un rischio: decidendo di non passare prima attraverso la corte d’appello, come vuole la giurisprudenza, qualora il giudice federale decidesse di non accogliere il ricorso presentato dai legali di Carter tutte le prove a supporto della richiesta decadrebbero e non potrebbero più essere utilizzate in alcuna corte.
Il rischio è alto, piatto unico, prendere o lasciare. Uscire di galera o restarci per sempre, senza altra possibilità di appello.
Rubin accetta il rischio e questa volta riesce a farcela: il giudice accetta il suo ricorso e decide la scarcerazione con effetto immediato di Rubin Hurricane Carter.

Il caso “Hurricane”, diventò d’interesse nazionale prima, internazionale poi, tanto da suscitare rabbia e protesta da parte di personaggi popolari del periodo come Bob Dylan (il quale scrisse una canzone in sua difesa nel ‘ 75 chiamata proprio “Hurricane”), Muhammad Alì e Joe Frazier. Inoltre la gente si riversò nelle piazze e nelle strade creando delle vere e proprie manifestazioni in difesa del pugile.

Perchè abbiamo scelto la storia di un ragazzino e di un pugile?

Questa particolare storia bene incarna i sentimenti e le motivazioni che ci spingono all’aiuto di adolescenti difficili.

Il ragazzino, appassionatosi alla storia del pugile adulto, offre a quest’ultimo la possibilità di riscattarsi.

E’ proprio questa reciprocità, il mutuo aiuto tra adolescente e adulto, che permette di
dare senso alla loro vita; entrambi salvano e vengono salvati.

Questa modalità di aiuto, in cui percorsi di vita si intrecciano, ben rappresenta la nostra Associazione; aggiungiamo però, dei solidi paradigmi teorici e un costante lavoro su noi stessi per stare vicino, ma non troppo, ai nostri ragazzi.

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